Come aumentare il benessere dei dipendenti

da | Lug 13, 2022

Mi capita spesso di scrivere tenendo conto del punto di vista del manager o del capo d’azienda, forse perché li trovo dei ruoli di grande responsabilità e sento la necessità di condividere consigli e buone pratiche che possano aiutare chiunque ricopra posizioni simili a farsi carico nel migliore dei modi di tutti gli obblighi inevitabilmente legati ad essi (la leadership va ben oltre il saper impartire ordini, lo sappiamo!).

Nella mia carriera, però, ho anche ricoperto ruoli da dipendente o collaboratore e penso sia arrivato il momento per me di aggiungere al mio blog qualche considerazione che ponga maggior focus sulle necessità dei dipendenti nell’ambiente lavorativo, soprattutto in relazione al loro rapporto con il proprio manager e con il clima aziendale che questi contribuisce a creare.

In questo articolo, quindi, prendiamo in considerazione alcune domande fondamentali che ogni dipendente si pone in relazione al proprio lavoro, raccolte durante la mia esperienza e quella dei miei clienti.

Che tu ricopra il ruolo di manager o leader, o che tu sia un dipendente o collaboratore, sono sicuro che trarrai grandi benefici da questo articolo!

Cosa pensa il dipendente?

Nonostante io abbia da tempo cambiato campo (intraprendendo il lavoro che potrei chiamare la mia vera vocazione!), ricordo ancora con chiarezza gli anni in cui lavoravo come sviluppatore per una grande azienda di telecomunicazioni.

A dire la verità, più che il lavoro in sé, ricordo bene i miei colleghi, il tipo di relazione che avevo con loro, con i manager e tutta una serie di regole aziendali; e, se ci pensi, questi non sono altro che i pilastri fondamentali attorno ai quali ruota la vita aziendale.

Ricordo anche l’ambiente, il tragitto che mi portava in ufficio, i momenti di scambio cordiale davanti alla macchinetta del caffè, le riunioni, a volte efficaci e a volte meno, spesso lunghissime.

Ma sono certo di non star dicendo nulla di nuovo: queste esperienze sono comunissime. Eppure ci tengo a metterci un accento per ricordarti di quanto il lavoro, come esperienza, come contesto di vita, permea nel tuo modo di essere.

È importante tenerlo presente perché ogni azienda è fatta di persone. Tu stesso, manager che mi leggi, sei una persona con un mondo alle spalle, una realtà interiore fatta delle esperienze più disparate (lavorative e non!), convinzioni, valori, emozioni, sentimenti; c’è davvero tanto sotto la punta dell’iceberg. Lo stesso vale per i tuoi dipendenti: non sono solo forza lavoro, ma persone con un vissuto, aspirazioni e soddisfazioni personali.

È piuttosto triste il doverlo mettere per iscritto: non c’è realtà che dovrebbe essere più universalmente riconosciuta. Eppure ancora oggi esistono aziende che guardano ai propri dipendenti solo come strumenti produttivi su un lungo tragitto verso un obiettivo economico aziendale.

Esistono aziende o manager per cui il dipendente entra alle 8, fa le sue otto ore e qui finisce la sua rilevanza; aziende in cui la managerialità e la leadership sono basate solo sul controllo, comportando poi inevitabili problemi a lungo termine, tra i quali un elevato tasso di turnover e un personale generalmente poco motivato

Posso fidarmi del mio manager?

La relazione tra manager e dipendente è la più importante in ogni fase del percorso del dipendente all’interno dell’organizzazione, sia in termini prettamente relazionali che riguardo aspetti prettamente legati alla produttività e al benessere personale.

I manager influenzano (e anche molto!) l’esperienza lavorativa dei dipendenti nel modo in cui li coinvolgono e li aiutano a sviluppare i propri punti di forza.

Alcuni sondaggi e studi focalizzati sul settore della managerialità, della leadership e delle risorse umane indicano chiaramente che se un dipendente o un collaboratore si sente coinvolto nella vita e nei processi aziendali, questo diventa almeno doppiamente produttivo.

I manager possono e devono aiutare continuamente i dipendenti a vedere il proprio valore attuale e futuro all’interno del team e dell’azienda.

Se sei un manager, devi riflettere sul fatto di avere un compito importante: educare le persone alla vita aziendale, ai comportamenti, al senso di responsabilità (non inteso come l’essere responsabile delle proprie azioni, ma come l’abilità di rispondere adeguatamente alle situazioni che si verificano in azienda).

Se sei un dipendente, devi tenere presente questa dinamica e impegnarti a un approccio proattivo in questa relazione: questa è una relazione bidirezionale, ed è dunque anche tua responsabilità accogliere i suggerimenti e le indicazioni del tuo manager, riponendo in lui o lei la tua fiducia.

Cosa ci si aspetta da me?

Questa è una domanda talmente semplice che spesso passa inosservata, e molti dipendenti spendono anni scontenti nel proprio ruolo prima di ricercarne una risposta.

E, purtroppo, questa è anche una domanda che spesso rimane senza risposta nel contesto lavorativo.

Se sei un dipendente o un collaboratore e sei inserito in un team, devi porti questa domanda e, se non hai chiara la risposta, devi cercarla. Ti aiuterà a capire se questo è il lavoro che fa per te, se la tua posizione è allineata al tuo sistema valoriale.

Se è compito del dipendente conoscere la risposta, è obbligo del manager comunicarla chiaramente. Dal punto di vista di un leader, comunicare bene le aspettative dell’azienda e cosa ci si aspetta da quel particolare collaboratore rappresenta quel senso di coinvolgimento e comunicazione trasparente a cui abbiamo accennato prima.

Molto spesso i manager danno per scontato che il collaboratore possa dedurre la risposta semplicemente ricoprendo un dato ruolo. E chi dà per scontato le cose sbaglia enormemente: questo tipo di errori di management si ritorcono contro l’azienda nel medio e lungo termine!

Il ruolo di ogni dipendente e le responsabilità lavorative vanno definiti inizialmente, durante l’orientamento al ruolo o durante il passaggio a un nuovo ruolo, una promozione, un trasferimento, e così via.

Il ruolo, però, deve essere anche definito attraverso il coinvolgimento del collaboratore o dipendente, specialmente in relazione alla definizione degli obiettivi, feedback significativi e revisioni semestrali.

Che tu sia dipendente o manager, hai un compito importante per il tuo benessere, prima ancora che per quello aziendale.

Quanto vale la mia opinione in azienda?

Questa è una domanda, o una riflessione, molto delicata. Al di là di caratteristiche caratteriali che possono tendere verso la bassa autostima o la mancanza di fiducia in sé stessi e negli altri, questa domanda viene fuori quando ci troviamo a condividere la nostra opinione per poi sentirci respinti o non presi in considerazione.

Ovviamente, può succedere sporadicamente ma, se diventa un avvenimento regolare, può considerarsi di sicuro sinonimo di un reale problema che necessita una risoluzione rapida e definitiva.

La percezione di non essere considerati come una risorsa della quale tener conto all’interno dell’azienda impatta molto sulla produttività personale, per due motivi principali:

  1. se ho una bassa autostima, questo atteggiamento va a confermare quello che penso di me. Si genera dunque un loop di comportamenti poco proattivi, tali da rendere improduttivo il proprio contributo allo sviluppo del progetto aziendale;
  2. se percepisco che io, la mia opinione o il mio lavoro hanno poco valore agli occhi dei miei collaboratori e/o manager, quasi certamente i miei interventi diventeranno sempre più sporadici, fino a interrompersi del tutto.

Attenzione: questo è un aspetto molto importante sia per il dipendente che per il manager. Rimane compito della persona in posizione di leadership, però, assicurarsi che nessuno dei membri del proprio team viva una realtà simile, incoraggiando gli interventi dei singoli dipendenti e coinvolgendoli attivamente in tutti quei processi decisionali in cui è opportuno farlo.

Posso porre fiducia nei miei colleghi e nel team?

Le persone danno il meglio di sé quando rispettano le persone con cui lavorano, si sentono rispettate e instaurano un clima di fiducia reciproca.

Hanno anche bisogno di sapere, oltre che di percepire, che rappresentano un elemento prezioso all’interno della propria squadra.

Una nota pubblicità recitava che la fiducia è una cosa seria, ed è così: la fiducia è l’elemento fondante del concetto di squadra; senza fiducia, o con un fiducia traballante, non può esistere un team.

Dato che in azienda si lavora per obiettivi e in team, la fiducia deve essere il primo elemento a cui un manager, un team leader, deve attendere.

Vorrei sottolineare che assicurarsi che il proprio team goda di fiducia reciproca e che i singoli ingranaggi lavorino in concerto senza intoppi è la base di quel che vuol dire fare il manager: questo non farà di te un buon manager, ma semplicemente un manager che fa il minimo indispensabile!

Dalla fiducia parte poi tutta una serie di comportamenti e dinamiche nel team, tra cui la cooperazione: se mi fido di te, allora collaboro!

La fiducia si acquisisce, ovviamente, col tempo, ma si può perdere in pochissimi secondi: il manager ha l’obbligo di mantenere eccellente questo clima di fiducia, dandola lui per primo a tutti, senza distinzioni, attraverso la delega delle mansioni, attraverso dei feedback costruttivi, e coinvolgendo le persone. Pian piano, questo comportamento diventerà contagioso e tutto il team ne godrà i benefici.

In che modo gli spazi lavorativi influiscono sulla mia performance?

Un ambiente adeguato alle necessità produttive è una necessità psicologica per portare a termine un lavoro in maniera efficace.

Un ambiente di lavoro favorevole dà ai dipendenti la libertà di lavorare nei modi che ritengono essere migliori: qualcuno potrebbe preferire spazi che incentivano la collaborazione, altri il lavoro privato.

Anche fattori come la luce, la temperatura, l’ergonomia, i rumori ed eventuali distrazioni sono fattori importanti per l’esperienza dei dipendenti. Ne parlo più approfonditamente nell’articolo Stress da lavoro correlato, se vuoi andare a dare un’occhiata!

Tra l’altro, questo ce lo dicono chiaramente le neuroscienze: spazialità o verde naturale sono elementi che il nostro cervello primitivo apprezza; mettere cura nella scelta degli ambienti e degli arredi aumenta i livelli di performance.

Alcune branche delle neuroscienze esaminano addirittura quali materiali utilizzare negli ambienti, con quali odori è opportuno riempire le stanze, in modo da stimolare il cervello primitivo dell’essere umano portandolo a quel livello di serenità e di agio che comunica a tutto il corpo che tutto sta andando bene, riducendo i livelli di stress e alzando quelli di produttività.

Per mia esperienza, quando si trattano questi temi, gli imprenditori e i manager sono soliti storcere il naso perché non sono veramente convinti che questo possa fare la differenza.

Da parte mia, ho visto questa soluzione avere successo tante di quelle volte, che non mi stanco mai di suggerirla, sguardi scettici o meno!

Il mio lavoro mi fa stare bene?

Ognuno di noi ha il desiderio di sentirsi soddisfatto delle cose che fa.

E se vogliamo essere realisti, non possiamo far finta che nel lavoro tutti siano sempre al 100% entusiasti della propria posizione: la soddisfazione lavorativa dipende da tanti fattori, e non tutti hanno il privilegio e la possibilità di fare il lavoro dei propri sogni. Alcune persone lavorano per necessità, o perché è tutto ciò che hanno sempre fatto ed è difficile rompere un’abitudine, e non c’è nulla di male in questi casi.

Vorrà solo dire che queste persone dovranno fare un piccolo sforzo in più per trasformare momenti poco piacevoli in esperienze positive.

Il concetto è quello di fare in modo, comunque, di essere soddisfatti delle cose che facciamo: se dovessi pensare al mio trascorso da dipendente, ricordo con piacere i momenti lavorativi dove c’era un clima aziendale di serenità, e il clima lo fanno le persone, guidate da un coordinatore che capisce il beneficio in questo.

E, anche se a volte si creavano situazioni difficili, il clima del team mi aiutava a risolvere la problematica. Nonostante tutto, io oggi ricordo con piacere quelle esperienze: vuol dire che stavo bene.

E se stiamo bene, il nostro impegno aumenta, come aumenta la nostra capacità di gestire lo stress e le situazioni difficili, e migliora anche la gestione delle relazioni.

Questo concetto è universale: che tu sia a nord, sud, est o ovest, in qualsiasi contesto, se non ti senti a tuo agio, se non stai bene fisicamente, mentalmente o socialmente, troverai difficoltà a farti piacere un lavoro, a creare un clima di fiducia e rispetto, a essere produttivo.

Le aziende devono capire questo, e i manager devono implementare corsi specifici per stimolare e aiutare le persone (e di rimando, le aziende) a star bene.

Cosa vuol dire benessere aziendale? Abbiamo parlato di fiducia, condivisione, apertura. Spesso ci dimentichiamo del benessere del corpo e delle emozioni.

Sentirsi bene nel proprio corpo innesca un circolo virtuoso negli altri ambiti della persona, nella mente e negli stati emotivi, così come è vero il contrario.

Ognuno di noi è un sistema integrato e complesso di fattori e l’equilibrio di questi fattori rappresenta per la persona il benessere tanto desiderato e, per l’azienda, il valore reale che il dipendente o il collaboratore possono dare.

Va bene, e ora?

Che tu sia impiegato, dipendente, collaboratore, manager, dirigente, imprenditore, sei prima di tutto una persona!

Cosa vuol dire? Che sei sottoposto alle stesse sollecitazioni e agli stessi stimoli a prescindere dal ruolo che ricopri, e che rispondi a quegli stimoli non come ruolo ma come persona.

Se hai un ruolo di gestione o organizzazione, ci si aspetta da te la capacità di prendere posizione, decisioni, azioni. Ricordati dunque che quella presa di posizione, decisione o azione è il risultato di ciò che pensi, di ciò che hai vissuto, dei tuoi schemi mentali abitudinari, dello stress al quale sei sottoposto e di come lo gestisci.

Se sei un dipendente o un collaboratore, è naturale che tu voglia sentirti soddisfatto di quello che fai, dell’ambiente che ti circonda, di come sei o ti senti coinvolto nel progetto aziendale. È normale chiedersi se si sta facendo bene o se ci sono margini di miglioramento, se puoi crescere e, soprattutto, se il tuo contributo porta beneficio all’azienda e a te stesso.

Le persone sono persone e vogliono star bene, oltre al prendere una remunerazione per ciò che fanno.

Certo, questa è importante per il proprio sostentamento e per le scelte di vita che ognuno di noi deve fare in base alle proprie risorse economiche; credimi però quando ti dico che i giovani sono più che disposti a rifiutare un buon guadagno, se l’ambiente e la soddisfazione ad essi legati non sono all’altezza delle aspettative.

Caro imprenditore, caro manager, scegliere i collaboratori giusti per la tua azienda non è facile, certamente; quando li scegli, guarda oltre la preparazione e la competenza tecnica, investi sulle potenzialità e sui talenti, su quanto quella persona sia flessibile e agile nel supporto che può apportare.

Le competenze tecniche si acquisiscono nel tempo, e velocemente, se la persona è soddisfatta!

Be agile!

.

Sull'autore

Roberto Patricolo

Sono sempre stato affascinato dal perché delle cose: la curiosità sul funzionamento della natura umana e delle relazioni interpersonali mi accompagna fin dall’infanzia, ed è ora un lavoro che svolgo con passione e soddisfazione.
Credo fermamente nell’equivalenza tra benessere e produttività, a qualsiasi livello: con tutte le competenze e le esperienze che ho vissuto fino ad oggi, sono qui per renderti la migliore versione di te stesso.

Articoli Correlati

Contatti

Affidarti a me vuol dire prendere consapevolezza delle tue capacità e emanciparti dai dubbi e dalle incertezze.
Basta aspettare che le cose cambino da sole: hai già tutto quello che ti serve, permettimi di dimostrartelo.