Abbiamo parlato tanto di intelligenza emotiva e del ruolo che svolge all’interno dell’ambiente lavorativo, ma l’argomento è amplissimo e siamo lungi dall’aver esaurito tutti i possibili punti di vista!
Oggi approfondiremo quindi la questione, ma prima di proseguire con la lettura ti suggerisco di dare un’occhiata ai precedenti articoli sul Neuro-Agility Profile, sull’Intelligenza Emotiva sul lavoro, sulla Leadership Emotiva e sulle Emozioni (di cui questo è la naturale continuazione).
In questo modo, avrai tutti gli strumenti per capire a fondo i contenuti di questa mia ultima riflessione.
L’importanza del saper gestire le emozioni
Abbiamo detto che con intelligenza emotiva intendiamo quell’abilità che ci permette di accedere al nostro io interiore, di percepire le emozioni e generarne di nuove per supportare i nostri schemi di pensiero.
Questa consapevolezza favorisce la crescita emotiva e intellettuale, con un effetto assolutamente positivo sui nostri comportamenti.
Ti porto un esempio vissuto personalmente qualche anno fa, presso un’azienda per la quale svolgevo la funzione di consulente.
Durante una normale mattinata lavorativa, rispondo a un thread di email con una serie di dettagli utili al progetto su cui sto lavorando. È opportuno notare che questa concatenazione di email era già stata aperta e avviata, e coinvolgeva varie persone, tra cui alcune in copia.
In seguito a questa mia risposta, una delle persone in copia si affaccia alla mia porta con fare quasi minaccioso e, senza salutare, mi dice: “Tu hai il delirio della comunicazione”, e poi se ne va.
A queste parole e atteggiamento sgarbati e, per me, assolutamente immotivati, percepisco il salire della rabbia: sento il collo irrigidirsi, il cuore salire di battiti, e tutte le reazioni fisiche del caso.
Per fortuna, sapendo riconoscere l’emozione, so cosa fare: mi alzo in piedi, chiudo gli occhi, faccio tre bei respiri e scuoto le spalle. In questo modo riduco gli effetti dell’emozione e torno in uno stato di tranquillità emotiva e mentale: ora posso affrontare la situazione in modo lucido ed efficace.
Mi presento nella stanza della persona che mi ha aggredito verbalmente (tra l’altro un vicepresidente dell’azienda!) e con serenità chiedo spiegazioni sulle parole che mi ha rivolto.
Mi risponde che non ha gradito il fatto che ho scritto una lunga email piena di dettagli senza aprire con dei saluti. Rispondo che, avendo salutato in email precedenti all’interno dello stesso thread, non avevo trovato opportuno ripetere i saluti; chiedo dunque: “È la mancanza di saluto quello che tu intendi per delirio della comunicazione?”
Davanti al mio atteggiamento pacato e alla ricerca di genuine spiegazioni, questa persona mi dice che questa mattina è nervoso perché ha litigato con la moglie prima di recarsi a lavoro, e mi rivolge dunque le sue scuse.
Così, una situazione che aveva la potenzialità di trasformarsi in un conflitto che avrebbe potuto produrre un clima distruttivo per l’intera giornata (e forse oltre!), è stata risolta con un colloquio sereno e pacato, che ha generato un clima produttivo per il resto della giornata lavorativa.
Quello che mi preme maggiormente dirti in questa sede è cosa puoi ottenere e in quale contesto utilizzare l’intelligenza emotiva.

Il modello di intelligenza emotiva sviluppato da Salovey e Mayer intende per I.E. la capacità di percepire, comprendere e regolare le emozioni per facilitare il pensiero e promuovere la crescita personale.
Questo avviene attraverso quattro punti:
- la percezione delle emozioni
- l’uso delle emozioni
- la comprensione delle emozioni
- la gestione delle emozioni
Il modello di I.E. di Goleman aggiunge poi una serie di capacità e competenze che guidano la persona nel campo della leadership.
Si tratta di cinque abilità pratiche che possono essere acquisite, sviluppate e migliorate al fine di raggiungere prestazioni lavorative e di leadership importanti:
- Consapevolezza di sé
- Autoregolazione
- Abilità Sociale
- Motivazione
- Empatia
Correlazione tra NAP e Intelligenza Emotiva
I concetti estrapolabili dal NAP e le competenze che si acquistano con lo sviluppo dell’I.E. sono assolutamente integrabili e correlati tra loro. Sulla base di questo, ho sviluppato i miei percorsi, fondandoli sulle neuroscienze.
Sarai d’accordo come me nel dire che il mondo sta entrando in un’era di cambiamenti dirompenti.
Nel rapporto The Future of Jobs, il Word Economic Forum (WEF) evidenzia un enorme cambiamento riguardo alle competenze più adeguate a prosperare nel mercato del lavoro del futuro.
Secondo il WEF, le maggiori 10 tra queste competenze in ordine di priorità sono:
- Risoluzione di problemi complessi (Brain Activity)
- Pensiero critico (Brain Activity)
- Creatività (Brain Activity)
- Gestione delle persone (Intelligenza Emotiva)
- Coordinamento degli altri (Intelligenza Emotiva)
- Intelligenza emotiva (Intelligenza Emotiva)
- Giudizio e processo decisionale (Brain Activity)
- Orientamento del servizio (Intelligenza Emotiva)
- Negoziazione (Intelligenza Emotiva)
- Flessibilità cognitiva (Brain Activity)
Tra queste dieci abilità, cinque sono classificate come attività cerebrali (Brain Activity) e le altre cinque rientrano nel quadro delle abilità di intelligenza emotiva. Questi due paradigmi sono strettamente collegati: l’uno va a rafforzare una abilità di conoscere e gestire stati, percezioni e comportamenti; l’altro permette di conoscere il perché dei comportamenti.
E “comportamenti” è una parola chiave in questo discorso, perché sono figli delle decisioni. E una decisione presa con consapevolezza e valutata attentamente rispetto al proprio neuro-design e allo stesso tempo soppesata rispetto al proprio stato emotivo è sicuramente la decisione che, in quel momento, è la migliore che puoi prendere, la più funzionale.
Una decisione presa in uno stato emotivo disfunzionale al contesto e all’obiettivo e una non flessibilità nel gestire lobi ed emisferi cerebrali sotto stress è certamente quello che trasforma un possibile successo in un fallimento, un potenziale risultato vincente in un errore a cui riparare.

L’integrazione tra i due paradigmi rappresenta oggi il miglior approccio di successo rispetto alle competenze professionali, alle conoscenze o all’expertise dei dipendenti: alcuni studi effettuati dall’Università di Waterloo (The Search for Emotion’s Fingerprints) hanno dimostrato che, applicando entrambi nei percorsi di formazione e crescita professionale è possibile ridurre i costi associati al turnover, all’assenteismo e alle basse performance.
Quindi: moda o realtà di valore?
Se vogliamo già provare a rispondere al quesito posto dal titolo di questo articolo, se l’intelligenza emotiva sia una moda o una realtà di valore, possiamo dire forse che si tratta un po’ di entrambe le cose: dipende da come la trattiamo.
L’intelligenza emotiva e tutto ciò che la circonda, i meccanismi e i metodi di applicazione, sono sicuramente una grande scoperta e la chiave per vivere meglio molti ambienti, ma è innegabile che possa diventare, a volte, anche una moda in situazioni in cui i concetti a essa legati vengono estremizzati, forzando la mitigazione di emozioni come la rabbia che è, sì, disfunzionale, ma ha una propria funzione.
Nell’articolo Cosa sono le emozioni? che ti ho suggerito in apertura, abbiamo discusso il valore di ogni emozione, rabbia inclusa.
La tua azienda è fatta certamente di processi, asset fisici e strumentali, ma anche e soprattutto di persone. Per molto tempo si è ritenuto che il ritorno maggiore derivasse da un investimento nei primi due fattori, processi e asset.
Recentemente, tuttavia, gli studi precedentemente citati hanno sfidato questa convinzione, dimostrando che le persone rappresentano il vero fattore che rendono un’organizzazione unica.
Quindi, tu cosa vuoi farne? Una moda o una realtà di valore per la tua azienda?