Intelligenza emotiva sul lavoro: cos’è e quando è utile

da | Apr 25, 2022

In un recente studio condotto in Germania da Jochen I. Menges e Heike Brunch presso un ampio bacino di organizzazioni tedesche ha evidenziato che le organizzazioni “intelligenti” performano in modo migliore e si adattano maggiormente ai mutamenti organizzativi rispetto a quelle con minori livelli di intelligenza emotiva e organizzativa.

Ma di cosa si tratta? Di cosa parliamo davvero quando menzioniamo l’intelligenza emotiva? E l’intelligenza organizzativa invece?

In questo articolo affrontiamo la definizione di questi due concetti e vediamo in quale contesto la loro applicazione in azienda si traduce in una scelta produttiva.

Intelligenza emotiva VS intelligenza organizzativa

L’intelligenza emotiva (IE) è, per definizione, la capacità di riconoscere, distinguere e di gestire le proprie emozioni e quelle di chi ci circonda.

Questo è già di per sé un concetto relativamente nuovo nello stesso campo della psicologia, essendo stato formulato nel 1990 dagli psicologi statunitensi Peter Salovey e John D. Mayer e poi portato alla fama cinque anni dopo dal giornalista scientifico Daniel Goleman con il suo libro Intelligenza Emotiva: che cos’è e perché può renderci felici.

La sua stessa definizione ha subito numerose modifiche negli anni, mentre il concetto veniva più approfonditamente studiato in psicologia e nell’ambito dell’organizzazione aziendale.

È infatti con Goleman che l’intelligenza emotiva si apre al campo della leadership e più in generale al business, con alcune condizioni: non si può pretendere che il solo sviluppo di queste capacità porti un’azienda al successo.

L’intelligenza emotiva deve essere infatti inserita in un percorso di trasformazione generale dell’azienda: non basta essere consapevoli delle proprie emozioni, ma bisogna canalizzare questa capacità e applicarla al contesto specifico.

Esiste, ed è profondamente legato all’intelligenza emotiva sul lavoro, il concetto di intelligenza organizzativa.

L’intelligenza organizzativa è un fenomeno distribuito, che fonda le proprie radici nella cultura aziendale, nel modo in cui si condividono le informazioni e nelle modalità e nel linguaggio usati per veicolarle. Si tratta di un concetto ampio che incapsula persone, processi, procedure, strategie e mercato in tutti i livelli di un’azienda, non solo a servizio della leadership, se anche questa è da considerarsi fondamentale.

Intelligenze e performance lavorativa

Partendo dal confronto delle definizioni di intelligenza emotiva e intelligenza organizzativa, è molto facile dedurre che la performance lavorativa non è altro che la somma di queste due intelligenze.

Per sviluppare una buona etica del lavoro e per trovarsi nelle piene capacità di applicare il proprio potenziale, ogni lavoratore ha bisogno sì di saper nominare e gestire le emozioni proprie e degli altri, ma anche del supporto di un sistema ben organizzato che lo accompagni nell’elaborazione di tutte quelle situazioni in divenire che creano dinamismo nei contesti lavorativi attuali.

Questo perché, in un’azienda produttiva e di successo, la performance non dipende dai singoli individui, ma dalla somma delle intelligenze in gioco.

Già nel 2001, Markus Schwaninger teorizzava sull’intelligenza organizzativa dicendo che un’organizzazione è intelligente quando è:

  • adattabile (ovvero agile), e cioè riesce a rispondere in modo repentino ed efficace ai cambiamenti;
  • efficiente (ovvero robusta e stabile), quando ha capacità di posizionamento, di resilienza organizzativa, di marketing e orientamento al mercato;
  • sostenibile (ovvero aperta socialmente ed economicamente), quindi in grado di fare network per lo sviluppo del sistema economico-politico-sociale.

E se teniamo in considerazione che la gestione delle relazioni e la competenza sociale rappresentano i polmoni dell’intelligenza organizzativa e emotiva, dando ossigeno alla crescita e alla produttività del team prima, e dell’intera azienda poi, diventa quasi un dovere morale quello di fornire ai propri dipendenti i giusti mezzi per raggiungere la fluidità necessaria a potenziare queste capacità.

Per fortuna, esistono le neuroscienze cognitive e il Neuro-Agility Profile.

Neuroscienze a favore della performance lavorativa

Il concetto di intelligenza organizzativa specifico per la gestione emozionale nel contesto aziendale trova un parallelo negli studi neuroscientifici incentrati sul comportamento delle persone e sul funzionamento di emisferi e lobi cerebrali nei singoli individui.

In particolare, è stato negli anni progettato e ottimizzato un assessment neuroscientifico che prende il nome di Neuro-Agility Profile (NAP™) e che permette al singolo, al leader e a tutto il team di identificare il metodo più adatto al proprio neuro-design per, tra le altre cose, creare relazioni profonde e emotive.

Sottoporsi al NAP™ assieme al proprio team o ai propri dipendenti comporta notevoli lati positivi, perché non può che giovare al clima aziendale se le sue singole componenti, a tutti i livelli, acquistano maggiore coscienza di sé e dei meccanismi in gioco a livello neuronale.

E dalla coscienza di sé nasce anche la possibilità di migliorarsi o di limare alcuni comportamenti indesiderati, ma soprattutto di aumentare la propria competenza sociale, che ci rende in grado di capire l’impatto di certi tipi di comportamenti sugli altri, ci aiuta a prendere decisioni con maggiore consapevolezza delle conseguenze e ci rende più sicuri in noi stessi, più tenaci nel raggiungimento degli obiettivi, più flessibili all’ambiente circostante.

Come incoraggiare l’intelligenza emotiva e organizzativa nella tua azienda

Cosa deve fare un leader, quindi? Quali sono le mosse fondamentali che un manager, un dirigente, un titolare di studio deve implementare?

Ecco alcuni accorgimenti che puoi attuare per incoraggiare l’intelligenza emotiva e organizzativa nella tua azienda:

  1. Condividi le tue esperienze: dimostrarti un leader aperto e disponibile ti permette di essere preso davvero come punto di riferimento dai tuoi collaboratori, perché un atteggiamento affabile seppur professionale ti rende incredibilmente umano nella tua posizione lavorativamente superiore.
  2. Investi nella formazione specifica dei dipendenti: perché la tua azienda cresca in modo omogeneo e sviluppi un sistema organizzativo robusto, è necessario che le persone siano sempre allenate al cambiamento. Magari, puoi valutare la possibilità di implementare un percorso di crescita emotiva.
  3. Mantieni sempre un occhio attento al clima aziendale: l’ambiente lavorativo è uno degli elementi chiave di questo processo; la soddisfazione dei tuoi dipendenti è figlia del clima!
  4. Presta attenzione alle procedure e all’impatto di queste sui tuoi lavoratori a tutti i livelli: verifica che aderiscano alle esigenze di mercato, ma anche al modus operandi dei tuoi collaboratori e all’approccio del loro modello organizzativo.
  5. Comunica periodicamente, con chiarezza e trasparenza, la visione e la direzione aziendale a tutti i livelli: in questo modo coinvolgerai tutte le persone nel percorso che la tua azienda si propone di compiere. D’altra parte, abbiamo detto che la tua azienda vale tanto quanto la somma delle intelligenze dei tuoi dipendenti, no? 

Con questi 5 consigli, si conclude il mio articolo. Ora sta a te prendere in mano la situazione: che tipo di leader vuoi essere per i tuoi dipendenti?

Se vuoi approfondire l’argomento, dai un’occhiata al mio articolo sulla Leadership emotiva.

Sull'autore

Roberto Patricolo

Sono sempre stato affascinato dal perché delle cose: la curiosità sul funzionamento della natura umana e delle relazioni interpersonali mi accompagna fin dall’infanzia, ed è ora un lavoro che svolgo con passione e soddisfazione.
Credo fermamente nell’equivalenza tra benessere e produttività, a qualsiasi livello: con tutte le competenze e le esperienze che ho vissuto fino ad oggi, sono qui per renderti la migliore versione di te stesso.

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